Villa Il Casino di Caccia, Sarteano, Italy - Booking.com

casino si caccia

casino si caccia - win

Il mio viaggio nella Storia del Cinema: dal 1965 al 1968

E con questo ho finito il diario di viaggio per ora, perché sono alla fermata del 1969 e ne avrò ancora per qualche settimana prima di vedere tutto quanto voglio vedere. Poi metterò nero su bianco. Alla prossima!
1965
Prima di dare una rapida scorsa a quest’anno con qualcuno dei film che ho amato di più mi piace fare anche qualche altra segnalazione: tra le mini-serie è nota quella con Juliette Greco: “Belfagor”, che è un mystery molto lento per i nostri gusti, ma l’ho finito lo stesso tutto perché mi piaceva. Parte quest’anno la felicissima serie di “Giochi senza Frontiere”, che per una ventina d’anni fu uno degli appuntamenti più amati dei telespettatori italiani. In tv vanno ancora i fantasy come “Strega per amore”, con Larry Hagman prima di far soldi col petrolio. Esordisce Sally Field nel telefilm “Gidget”, aveva 15 anni.
Passiamo ai film allora, ma devo lasciare da parte Zivago, Connery, Dentone, Giuletta degli Spiriti, Michael Caine, Leone, Burton, Carrà e Julie Andrews. Ahimé.
Repulsion” di Polanski è una delle più belle prove di Catherine Deneuve, che più guardo i suoi film più entra di prepotenza nella classifica delle mie attrici preferite. La Deneuve qui è una ragazza che ha qualche problema: è ossessiva, soffre di disturbi psichiatrici, ha delle allucinazioni. Il suo status peggiora una sera che resta da sola a casa. Nessuno si accorge veramente di quanto soffra e la ragazza peggiora sempre di più, con risvolti drammatici. Dico solo che la scena della crepa nel muro è fenomenale.
Io la conoscevo bene” di Pietrangeli, è un film con Stefania Sandrelli e Mario Adorf. La Sandrelli ha avuto tipo tre carriere: quella di giovane star italiana, quella post-Brass e quella di attrice di esperienza che sta vivendo adesso. Il suo sguardo timido e dimesso di questo film ha molto in comune con quello della Cardinale prima maniera. La Sandrelli vede infrangersi sul selciato le sue speranze di diventare una star del cinema perché gli uomini che le girano intorno la sfruttano e la illudono. Tra questi c’è Adorf, che è un attore che mi piace un sacco. Un genitore tedesco e uno italiano, Adorf si è mosso senza problemi da un set all’altro mostrando enorme versatilità: lo trovi nelle commedie italiane anni ’60 e lo trovi nei film tv tedeschi alla Derrick, per lui nessun problema.
La vita corre sul filo” di Pollack, con Poitier e Bancroft è un thriller che si svolge nello sguardo di Sidney Poiter e nell’ansia di aiutare una donna che dall’altro lato di un telefono amico segnala la sua volontà di suicidarsi. Poiter non è esperto, ma è di turno, e ormai ha preso in carico il caso. Tutto quello che deve fare è trattenere la Bancroft a lungo, molto a lungo, affinché possano rintracciare la chiamata e impedire il suo gesto. Questo film è interessante perché non c’è mai nessuna allusione al colore della pelle di Poitier, non è rilevante per il plot.
Rapimento” di John Guillermin con Patricia Gozzi, Dean Stockwell e Melvyn Douglas. La Gozzi l’ho citata già in un film con Hardy Kruger. A me questa attrice piace molto, è davvero intensa e drammatica. Qui veramente siamo in un contesto di puro e assoluto squallore, perché la Gozzi vive una vita solitaria in un luogo isolato col padre Melvyn Douglas. Un giorno arriva nei dintorni un evaso, e la Gozzi fa amicizia con lui. Lei ha bisogno di vivere, mentre il padre vorrebbe tenerla in casa e buttare la chiave. È uno di quei film che sembra che fuori sia autunno e che piova anche se è mezzogiorno di una giornata di maggio.
La decima vittima” di Elio Petri, vede Mastroianni e Andress in un futuro imprecisato darsi la caccia a vicenda. C’è una specie di reality show in giro in cui ci sono i cacciatori e le prede. I cacciatori devono uccidere 10 prede, e le prede devono sfuggire loro. Non si può mai sapere i gusti della gente. Questo futuro ha comunque i colori degli anni ’60, lo stile e la criniera di Ursula Andress che guarda caso è una delle più brave cacciatrici. Deve far fuori Mastroianni, ma prima vuole un po’ giocare al gatto e al topo.
Bunny Lake è scomparsa” di Otto Preminger, è un cupo thriller con Keir Dullea, Carol Lynley e Laurence Olivier. A dire il vero Olivier ha una parte molto marginale, fondamentalmente è il film della Lynley e di Dullea. Per chi non avesse dimestichezza con questi volti, la Lynley fu attiva a cavallo tra i ’60 e il ’70 ed è una delle vittime del Poseidon, mentre Dullea è la star di 2001 Odissea nello spazio ed è un attore che si è sempre fatto i fatti suoi, non è mai diventato star di prima categoria, ma si è scelto delle parti interessanti come questa qui. Insomma Dullea è il fratello di Lynley, e non si trova la bambina di lei. L’hanno portata a scuola, ma nessuna l’ha vista, le maestre non l’hanno vista, le amiche nemmeno. Questa bimba non esiste. La Lynley se la sarà immaginata? Lei è certa di avere una bimba, è certa, esiste!
Il collezionista” è uno dei film meno noti di William Wyler, con Terence Stamp e Samantha Eggar. Stamp, di lui non c’è mai da fidarsi. Ha deciso che invece di collezionare farfalle gli piace collezionare ragazze, e un giorno cattura la Eggar e la chiude nel suo scantinato. Lui non ha fatto niente di male, la Eggar viene trattata coi guanti, ha da mangiare, ha di che svagarsi, ha tutto, basta solo che sia felice di essere reclusa a vita da un pazzo e che non provi mai a scappare, che ci vuole?
1966
Eccoci al ’66, che bello quest’anno di cinema, bello! Qualche riga su altri generi e poi passo ai film che mi vien voglia di ricordare.
Qolga” è un corto che ho trovato in youtube del regista Kobakhidze. Si tratta di un ragazzo che vive da solo lungo i binari del treno e ha un’amica che ogni tanto lo va a trovare. All’improvviso un ombrello prende vita e inizia a volare da solo. In quest’anno parte la serie “Tre nipoti e un maggiordomo”, con Brian Keith e 3 baby star, ciascuno con la sua dose di sfortuna personale. Questa serie ha i colori e le moquette giuste per immergersi negli anni ’60. Ovviamente questo è l’anno di “Star Trek”, di “Batman” e “Mission impossibile”. Si tratta di tre serie di culto che tutti ovviamente ben conoscono. Tra i rari film tv di buon livello degli anni ’60 c’è uno di Rossellini: “La presa del potere da parte di Luigi XIV” che è anche uno dei film preferiti del padre da parte di Isabella. Poi esce la famosa versione animata del Grinch che ruba il Natale.
Chi ha paura di Virginia Woolf?” è il film che regala a Liz Taylor il suo secondo oscar. Ci sono solo 4 personaggi (vabbé 6 c’è una scena al bar) che sarebbero Liz Taylor e il marito Burton, George Segal e Sandy Dennis. Sono uno più bravo dell’altro. Nel film sono due coppie, una che sta insieme da un po’ e l’altra di recente formazione. Burton e Taylor hanno un passato difficile da superare, ma tirano avanti. La loro casa è lo specchio della loro persona, è piena di cose ingombranti e fuori posto, e tra i due ci sono frecciatine ogni secondo, qualcuna passa inosservata e qualcuna fa assai male. I due sposini sono praticamente scioccati. La scena cult per me è quando Liz Taylor dichiara al marito che pur con tutti i suoi difetti non è comunque un mostro. Sandy Dennis pure brava assai è una delle attrici dimenticate di fine anni ’60.
Persona” è un film di Bergman in cui ci sono due donne, Bibi Andersson e Liv Ullmann. La Ullmann è muta e la Andersson è la sua infermiera. La Andersson parla parla e la Ullmann ascolta e ascolta. Il legame tra le due è forte e particolare. Si vedono sempre più spesso e la Ullmann sembra migliorare, mentre la Andersson mostra una certa inquietudine. Parla, ma a se stessa, e la Ullman risponde anche senza dire niente. Lentamente i loro volti cominciano a somigliarsi sempre di più, e la voce di Bibi diventa la voce di Liv. Non c’è più distinzione tra le due, sono diventate una persona sola. Si stanno fondendo. Ma non è mica possibile una cosa simile.
La nera di…” è un film di Ousmane Sembene, cioè uno dei primi e rari film di autori africani. La storia è molto semplice, c’è una ragazza senegalese che va a servizio in una casa di una coppia francese. Lontana dalla famiglia la ragazza ha il suo lettino, le sue riviste, le sue scarpe, le sue sensazioni, ma la coppia presso cui lavora la considera come il vaso a centro tavola o il quadretto appeso accanto alla porta. Le giornate passano e la ragazza si spegne poco a poco. Tutto qua, ma provate a vedere lo stesso se è tutto qua.
Incompreso” è il drammone strappalacrime di Comencini con Anthony Quayle che diventa vedovo e non si accorge della sofferenza del primogenito, che si sacrifica per il bene del fratello minore viziato dal papà. Non che Quayle sia cattivo, per carità, è solo che non se ne accorge. Il ragazzino gli vuole bene lo stesso e un giorno un ramo fa crac e lui si fa male. Madonna quanto si piange con questo film, cioè è impossibile, nel senso che è non-possibile non commuoversi quando papà e figlio si parlano finalmente a cuore aperto. L’attore protagonista ha recitato solo questo film, oggi è un medico, è stato bravissimo con almeno 4 esse.
La caccia” di Carlos Saura è un film in cui ci sono alcuni amici che vanno a caccia di conigli. Fa troppo caldo. Dovrebbero dar retta ai conigli, ma invece si mettono a ricordare il passato e non so chi glielo fa fare, perché da quel momento nessuno più è al sicuro, e si danno la caccia a vicenda. Vediamo chi ci resta secco.
Davvero c’è tanto in quest’anno: Manfredi e Adorf alle prese con San Gennaro, le solitudini dell’uomo e la donna di Lelouch, i russi che sbarcano negli USA e Fahrenheit 451 di Truffaut. Poi Polanski gira Cul de Sac con la sorella della Deneuve, Eastwood non manca un colpo e le foto di Antonioni di Blow-up dove le mettiamo? Mi sono divertito un sacco con la partita di poker di “Posta grossa a Dodge city”, e l’asinello Balthazar di Bresson è uno dei finali più drammatici della storia, non pensavo che avrei retto tutta la visione di “Andrej Rublev”, e invece sì, e poi c’è il realismo mai visto della “Battaglia di Algeri”. E potrei anche continuare. Uno dei miei anni preferiti insomma.
1967
Siccome col 1966 ho preso per le lunghe, volevo sintetizzare col 1967, ma pure qui c’è un sacco di bei film. C’è pure “The big shave” che è uno dei primi lavori di Scorsese. Un uomo si rade e si taglia. Purtroppo per lui, il taglio non è un taglietto, giusto così perché si trova in youtube e dura 5 minuti.
Il mio film preferito di quest’anno è “La calda notte dell’ispettore Tibbs”. Io non l’avrei mai detto, mi dovete credere, ci avrei scommesso nemmeno 2 centesimi perché i polizieschi un po’ mi stufano, e poi i film che parlano di razzismo negli anni ’60 siccome li sto vedendo in sequenza ne ho visto un casino e poi forse il titolo non mi ispira, ma invece sono rimasto attaccato subito dai primi minuti, adoro Steige e Poitier, e quando Poitier schiaffeggia a sorpresa il tizio nella serra vi giuro è una delle scene più intense e belle e vere, ho cliccato su 10 su IMDb e da lì non cambio idea.
Il problema è che ho messo 10 anche a “indovina chi viene a cena?” che ha il dubbio onore di essere il film dagli albori al 1967 che ho visto più volte in vita mia, ne conto con certezza 6. Potrei dire di che colore sono i fiori nei vasi e quanti calzini ha Tracy nell’armadio. In questo film per me funziona tutto, mi manda dei brividi di nostalgia di un’epoca della quale sono un prodotto culturale, sono un GenX nel midollo probabilmente e sarà per quello che questo film non mi stanca mai.
Non ce la faccio a non segnalare almeno il titolo di “A piedi nudi nel parco” e devo dichiarare che anche se il finale di “Riflessi in un occhio d’oro” è qualcosa di davvero particolare, Robert Forster in quel film è di una bellezza sconvolgente. I colori di “Le Samourai” di Melville sono elegantissimi, il film è una goduria per gli occhi. Poi ci sono i filmoni da macho di Lee Marvin tipo “una sporca dozzina” e c’è Paul Newman e Dustin Hoffman, Dirk Bogard fa venire i brividi in “Tutte le sere alle nove” quando torna a prendere possesso della casa coi 7 figli che ha abbandonato e in “La bisbetica domata” la coppia Burton-Taylor funziona anche se mai lo diresti in quell’ambientazione lì.
Gli occhi della notte” vede Audrey Hepburn nei panni di una cieca che vive al piano terra di una bella casa dove ogni cosa è giusto dove deve essere, ma a quanto pare Alan Arkin è convinto che ci sia anche qualcosa che gli serve per evitare di essere accusato di omicidio. La Hepburn è all’oscuro di tutto (oddio che battuta) ma scema non è, così quando uno strano visitatore si insinua in casa sua con le scuse più formidabili lei inizia a sospettare. È uno dei thriller meglio congegnati mai visti questo qui, e non è nemmeno di Hitchcock! Non avevo mai realizzato quanto siano importanti le lampadine nel frigorifero.
New York: ore tre- L’ora dei vigliacchi”, questo titolo mi fa cagare però il film è bello. C’è la gente che prende la metro per tornare a casa, però è tardi e due grandissimi stronzi e cioè Tony Musante e Martin Sheen hanno voglia di divertirsi a modo loro, così entrano nella metro e iniziano a infastidire uno dopo l’altro tutti i passeggeri. C’è una quantità di arroganza, prepotenza e violenza gratuita in questo film che davvero la mascella si spacca dalla rabbia repressa che ti suscita. Si vede che il film funziona. È quando tu stai per fatti tuoi e questi ti devono bullizzare e non solo: la gente non alza 1 dito per aiutarti! Veramente, questo film è fatto bene. Per non parlare dei poliziotti che appena riescono a entrare nel vagone con chi se la vanno a prendere? No quello proprio non l’ho potuto soffrire! Bel film.
L’armata a cavallo” di Miklos Jancso è un film che fa venire il mal di testa. Siamo in guerra, è la guerra civile russa, ma non è importante, potrebbe essere una qualsiasi guerra. Qui non riusciamo a prendere posizione, la guerra fa schifo non importa di quale fazione tu sia. 10 minuti di film con gli occhi di una fazione e i loro progressi e le loro vittime, nemmeno fai in tempo a riconoscere i volti di queste persone che vengono fatte fuori dagli avversari, e Jancso ti trascina altri 10 minuti dalla loro parte, ti fa vedere i loro progressi e le loro vittime, i loro villaggi desolati e le torture. Ci rimani male, ma ecco che si passa all’altro punto di vista. E’ un film intelligente ed elegante.
C’è ancora lo choc incredibile di “Gangster Story” con il picco di bellezza di Faye Dunaway e il sangue che esplode sulla bianca pelle di Bonnie e Clyde, così come bianca immacolata è la schiena di Catherine Deneuve, perfetta protagonista di “Bella di giorno” di Bunuel, altro film simbolo dell’epoca, un’epoca in cui andavano i film di sexploitation tipo “Vixen” e roba del genere, pieni di tette e recitazione di serie b, ma che entravano a pieno nella cultura di fine decennio, che si sta avvicinando a quel ’68 di cui tanto spesso abbiamo sentito parlare come di una sorta di spartiacque culturale.
Per finire, è intelligente e complesso il volto di Bekim Fehmiu in “Protest” di Fadil Hadzic, ma che le h e le z non ingannino, il film si vede e si capisce perché parla di un’insoddisfazione che non ha bisogno di vocabolario. Poi c’è il cult camp “la valle delle bambole” con la sfortunata Sharon Tate, gli occhi penetranti della Mangano in “Edipo Re”, centomila spaghetti western, è l’altro drammone di Bresson “Mouchette”, con protagonista una ragazza che racchiude in sé tutto il bullismo subito da tutti gli adolescenti della storia della Pubblica Istruzione, veramente solo chi ha il cuore di pietra non si commuove con questa ragazza qui.
1968
Non mi pare vero che sto scrivendo del 1968 perché è l’ultimo anno che ho finito di vedere e anche se questa carrellata non vale poi molto almeno l’ho portata a termine, il che per me vale molto.
Prima di iniziare una piccola deviazione: in quest’anno c’è l’esordio di Spielberg, col corto “Amblin’” da cui quindi deriva la sua casa di produzione che è la Amblin Enterteinment! Altro corto è lo sperimentale “Hermitage”, di Carmelo Bene. Tra le mini-serie esce quest’anno l’Odissea di Franco Rossi. Fu un clamoroso successo riproposto dalla tv nostrana per vent’anni. Il ritmo è lento, ma i volti di Bekim Fehmiu e quello di Irene Papas sono senza tempo. Grandissimo l’episodio con Polifemo e ovviamente il finale coi Proci. Prima di diventare nota come cantante e presentatrice, Loretta Goggi era una precocissima attrice e la “Freccia Nera” fu uno dei suoi più noti successi.
Ok, allora andiamo veloci veloci, con lo stiloso “Diabolik” che era il bel John Phillip Law; le torture che patisce Alan Bates nell”’uomo di Kiev” pochi altri nella storia; Sordi è medico nella muta e Franco Nero aveva gli occhi più celesti mai visti. Sellers fa pisciar sotto anche le statue in “Hollywood Party” mentre la Vitti prende in mano la pistola e si colloca nella sua dimensione comica dopo anni di Antonioni. Rod Steiger è un gay represso ne “il sergente”, mentre Terence Stamp non fa preferenze di sesso in “Teorema” di Pasolini.
Steve McQueen è l’essere più figo mai apparso sulla terra in “Bullitt” e “Il caso Thomas Crown” ma nemmeno Clint Eeastwood scherza e voglio vedere chi scampa a un impiccagione come in “impiccalo più in alto” e chi è scazzato come lui in “L’uomo dalla cravatta di cuoio”.
Fuoco!” di Gian Vittorio Baldi è la sorpresina nell’ovetto Kinder del 1968. Siamo in un paesello del sud Italia e un tizio spara alla statua della Madonna durante una processione, poi si barrica in casa, con la moglie e il bambino che se la fanno sotto, e col fucile in mano si rifiuta di uscire e di dare spiegazioni. Poche parole, un set poverissimo, nemmeno tante spiegazioni ma per 1 ora e mezza sei nella casa e forse nella testa di questo ragazzo. Bellissimo film!
La sposa in nero” di Truffaut è la storia della vedova nera Jeanne Moreau (quanto mi è piaciuto questo film) che si era sposata da 5 secondi che le ammazzano il marito sulle scale della chiesa. Pensa prima di buttarsi dalla finestra poi decide che invece le conviene dare la caccia ai killer del marito. La curva della bocca della Moreau è perfetta per questa parte e vi assicuro che il modo in cui si ingegna per far fuori quei quattro è incredibile. Purtroppo questo film mi fa anche venire in mente la storia di Marta Russo ma lasciamo perdere.
L’urlo del silenzio” è il film che Alan Arkin per me prima valeva 6, 6 e mezzo mentre adesso invece sotto il 9 non scende. Arkin è un sordo muto ed è così solo, ma così solo, che lui il lockdown ce l’ha di default. Mi fa venire la forchetta in gola. Comunque sia affitta una camera in una casa con una famiglia sgangherata ma tutto sommato ok, e fa amicizia con Sondra Locke. Ma nemmeno lei è il vaccino che può curare la sua solitudine. Malinconia a quintalate.
Duello nel Pacifico” di John Boorman ci sono 2 persone solamente e cioè Lee Marvin e Toshiro Mifune. Sono in guerra e sono da soli in un’isola sperduta. Ognuno dei due vuole far fuori quell’altro, ma alla fine prevale la voglia di sopravvivere, chissenefrega se devo chiedere aiuto al nemico. Il finale di questo film, io sottoscritto dichiaro che David Lynch l’ha visto e gli è piaciuto.
E ora acceleriamo su quel pacco gigante pieno di innovazione che è “La notte dei morti viventi”, sul sudore e il calore di “C’era una volta il west”, il mio Leone preferito, sull’indelebile statua della libertà del “Pianeta delle Scimmie”, sui brividi che fanno venire lo sguardo di Sidney Blackmer e i sorrisi di Ruth Gordon in “Rosemary’s baby”, uno dei film che più mi ha fatto cagare sotto in vita mia, per dire due righe in più su “Kuroneko” di Kaneto Shindo, che è la storia di una vendetta operata da due donne vittime di stupro e poi uccise da una gang di samurai. Le due diventano dei fantasmi e uno dopo l’altro, in un’atmosfera onirica e agghiacciante conducono i samurai nel loro nascondiglio per farli fuori senza pietà alcuna. Un film con le palle.
Mi rimangono 2 film, il primo è “2001: odissea nello spazio” e io ho paura a parlare di Kubrick perché su Kubrick tutti hanno un’opinione e sanno argomentare meglio di me, così mi limito a dire che questo film l’ho visto come quando giochi agli incremental e fai prestige. La prima volta 15 minuti, la seconda volta ho retto 30 minuti, la terza volta 1 ora e la quarta volta finalmente avevo le skill giuste e ho goduto da pazzi.
Il mio film preferito del 1968 è “The Swimmer” di Frank Perry e Sydney Pollack, con Burt Lancaster. Lancaster si mantiene bene anche se ha già i suoi anni sulle spalle, e un giorno compare nella villa di amici, si fa una vasca in piscina e poi dichiara che se ne torna a casa a nuoto, passando da piscina in piscina, di villa in villa, lungo tutta la vallata. Armato solo del suo costume, si incammina verso la seconda piscina: una vasca e due chiacchiere coi padroni. Le persone che vede sono inizialmente cordiali e felici di parlare con lui, ma a ogni villa qualcosa non sembra andare per il verso giusto: c’è chi sbruffa, chi gli rinfaccia qualcosa, chi esplicitamente lo manda a quel paese. Lancaster stesso perde lo slancio e un po’ il sorriso. Se a un certo punto si sentiva così bene da poter reggere il confronto con un cavallo, improvvisamente si fa male e inizia a zoppicare. La villa successiva pare più lontana, e più ostile. Ad ogni villa scopriamo un pezzo della vita di quest’uomo, e lui con noi. Non possiamo sentire l’acqua sulla pelle, ma ti monta l’ansia. Lancaster pare invecchiato, i suoi piedi sono sporchi, i suoi occhi lucidi, le sue labbra sofferenti. Un’altra villa, e pare trascinarsi, e una piscina ancora, e nuota a fatica, e finalmente casa.
Non ho dormito la notte perché non volevo fare il mio sogno ricorrente in cui sogno di partire dalla mia casa di bimbo per arrivare alla mia casa attuale, e parto di corsa per poi andare piano, sempre più piano, per poi trascinarmi, fino a che non vedo la porta in lontananza, e non riesco ad aprirla, mai.
submitted by yabluz to italy [link] [comments]

Il mio viaggio nella storia del cinema: dal 1960 al 1964

Sono quasi al termine della mia carrellata nella storia del cinema, perché attualmente mi sto godendo la visione dei film del 1969, nice, e ne avrò certo per 2 mesi. Quindi col prossimo post mi metto in pari, ma intanto ecco qualche spunto per questi 5 bellissimi anni di cinema che sono la prima metà degli anni '60.
1960
Di quest’anno ho visto 275 titoli e ho dato almeno un 8 a 47 film, è un grande anno di cinema ma ne segnalo giusto 5, e tutti italiani! E per complicarmi la vita non parlo né della Dolce Vita, né dell’Avventura, né di Sordi e nemmeno della Ciociara. Mi sono piaciuti? Certo che sì, perché a qualcuno no?
Era notte a Roma” di Rossellini mi piace tantissimo. Intanto è il mio film preferito con Giovanna Ralli, che prima della Ferilli c’era lei, e poi c’è Leo Genn (Petronio di Quo Vadis?), il mio beniamino Renato Salvatori e in un ruolo commovente il russo Sergey Bondarchuk, il quale tra l’altro nel 1959 aveva diretto e interpretato l’intenso e ottimo “Il destino di un uomo”. Torniamo alla Ralli che in piena WWII vive in una casa all’ultimo piano di un palazzo ed escogita gli espedienti del caso per portare a casa un po’ di zucchero, del vino o della pasta. Siccome è sveglia, i partigiani la scelgono per ospitare in gran segreto tre soldati alleati su in soffitta. La Ralli si ribella ma alla fine fa il suo dovere, e i 3 sono al sicuro. Per accedere al soffitto c’è un passaggio segreto dietro l’armadio (Anna Frank mi viene in mente), e i 3 diventano amici tra loro e amici suoi. Ora però il problema è che siamo in guerra e che è un film di Rossellini, non di Walt Disney. Quindi tenetevi pronti.
Adua e le compagne” invece è un gran cast al femminile capitanato da Simone Signoret con il buon supporto di Emmanuelle Riva e Sandra Milo. Molto prima di “Ciro! Ciro!” la Milo era attrice di culto degli anni ’60, e non solo in mano a Fellini. In quest’anno per esempio è accanto a Lino Ventura in “Asfalto che scotta”, per dire. Certo è la Milo, la voce è quella, la figura è quella, la verve anche. Qui hanno da poco chiuso le case chiuse e sfrattato le Signorine che le popolavano. Signoret decide quindi di mettersi in affari e avviare una trattoria in un casolare di periferia insieme alle amiche. Faranno a turno in cucina e ai tavoli, e magari se qualche cliente vuole qualche massaggio, perché no? L’idea funziona e la trattoria va bene, ma le amiche cominciano a voler cambiare vita, o si rendono conto che in realtà non possono. Ci sono quindi 4 reazioni diverse causate dagli eventi che si susseguono. È un film in cui si sorride e che ti dà un po’ di malinconia, ma si sente l’odore di frittata, di cipolla, di basilico.
Dolci inganni” di Lattuada è il primo film che ho visto con Catherine Spaak. Per me la Spaak era una presentatrice tv. Da ragazzo guardavo Harem, o anche Forum quando lo presentava lei. Sì, sapevo che aveva recitato, ma non ci avevo mai fatto caso veramente, mi aspettavo un paio di film senza pretese. Invece, anno dopo anno nel mio percorso cronologico mi accorgo che nella prima metà degli anni ’60 la Spaak aveva i ruoli migliori, era bellissima, brava e tra le attrici più famose. È stata una rivelazione per me. Teniamo presente che la Spaak aveva nel 1960 solo 15 anni. Era bravissima! Per l’età che aveva spesso aveva parti alla Lolita. Qui ad esempio è attratta da un amico di famiglia che ha quasi 40 anni. La Spaak era seducente, fresca, intrigante. Gran sorriso. Questo film e anche altri successivi mi sono parsi modernissimi: la settimana prima vedi le attrici americane con le gonne a campana e il filo di perle del dado Knorr, la settimana dopo c’è la Spaak che flirta con un architetto. Magnifica.
La maschera del demonio” è uno dei film del filone italiano horror. Quando leggo horror penso al sangue e alla motosega elettrica, quindi non faccio una faccia contenta, mi stufo. Però a fine anni ’50 si attiva questo piccolo genere in cui emergono mostri e vampiri che in breve si afferma e crea uno stile invidiato ovunque. Sì, qui una donna viene uccisa con una maschera piena di chiodi acuminati, ma non devi metterti le mani davanti agli occhi perché fa troppo impressione. C’è il giusto bilanciamento tra suspence, storia, effetti speciali e ridicolaggine. Non sono film di livello A+ però sono veramente tipici di quest’epoca, ti fanno capire meglio di altri il gusto di chi andava al cinema in questi anni e per questo per me sono interessanti.
Rocco e i suoi fratelli” è un film che voglio rivedere, ma non so quando sarò pronto per rivederlo. Quest’impressione me la fanno pochi film, quelli che mi colpiscono così in profondità che devo prepararmi psicologicamente alla visione successiva, e anzi devo prima capire se voglio affrontarla. Schindler’s list, Se7en, Casino e Full Metal Jacket sono altri film che mi hanno fatto lo stesso effetto. Dunque qui abbiamo una famiglia di emigrati che va a vivere in un seminterrato a Milano. Sono tanti in poco spazio e si arrangiano. La matriarca è l’ottima Katina Paxinou che capisce e gestisce con pochi sguardi. I figli sono Rocco e i suoi fratelli. C’è qualcosa di buono in questi ragazzi, ma c’è anche la vita in agguato. Le strade che prendono sono forse prevedibili se vogliamo, ma questo le rende anche più tragiche. Una donna entra nella vita dei fratelli Alain Delon e Renato Salvatori. Ora, c’è una scena in cui Alain Delon è disteso sul letto, un po’ sbilenco, con lo sguardo rivolto verso la telecamera, e quella scena è indelebile nella mia memoria, è come se Visconti mi sussurrasse all’orecchio quello che vuole dire. Ma ovviamente il dramma che si consuma tra Salvatori e Girardot è ovviamente il cuore del film ed è la scena che non voglio mai più vedere, perché nel farlo perderebbe forse la carica di sorpresa, sgomento, emozione che mi ha trasmesso la prima volta e ci resterei male, o peggio ancora mi renderebbe ancora più sorpreso, sgomento ed emozionato della prima volta, e ci resterei secco.
1961
Di quest’anno ho visto 250 titoli, e 45 hanno preso almeno 8. Compresso tra due anni fantastici, il 1960 e il 1962, qui mi esalto meno, ma ci sta.
Madre Giovanna degli angeli” di Jerzy Kawalerowicz è uno di quei film che ti fa sentire figo e intellettuale già solo a pronunciare il nome del regista, ma il punto è che mentre scrivo queste righe ho in mente la scena della suora posseduta dal demonio che spalle al muro fronteggia il giovane sacerdote inviato nel convento a indagare, e capisco che quest’immagine così potente è scena da grandi film. Tutto il film è inquietante e malato, intanto sembra più vecchio di quello che è, pare realizzato negli anni ’40, il che secondo me aggiunge disagio alla visione. Però negli anni ’40 alcune scene sarebbero state solo abbozzate e il film avrebbe avuto un diverso impatto. Il prete scoprirà come mai il demonio ha preso possesso del convento?
L’anno scorso a Marienbad” di Alain Resnais è un film che non ci ho capito niente. Lo confesso. Tuttavia, mentre lo guardavo con estrema perplessità ne restavo ugualmente affascinato. Come un bimbo che è schifato da uno scarafaggio spiaccicato sul pavimento e però vuole vederlo ancora più da vicino, più passavano i minuti e più cercavo di capire dove voleva andare a parare Resnais, più mi arrendevo e mi lasciavo ipnotizzare. Alla fine non mi interessa se non ci ho capito niente, so solo che per un’ora e mezza sono stato preso e portato in un altro posto e ho visto qualcosa che non avevo mai visto prima. Per cui, mi è piaciuto.
La primavera romana della signora Stone” di José Quintero invece è un bel melodramma. C’è una signora che fa un viaggio a Roma e si imbatte in un giovane gigolò. Tutto qua ma attenzione: lei è Vivien Leigh e lui Warren Beatty. La Leigh aveva 50 anni mentre Beatty 25. Lei era una rosa conservata tra le pagine di un vecchio diario, lui è il rumore dell’acqua del mare sugli scogli; nello sguardo di lei ci sono tante risposte, quello di lui ti fa fare mille domande. Bellissima e tormentata la Leigh nel suo penultimo ruolo, bellissimo e spavaldo Beatty nel suo secondo ruolo: combinazione da non perdere.
I peplum andavano tanto a inizio anni ’60. Cinecittà era invasa da sandali, toghe, Circi e Meduse. L’epoca d’oro di questo genere è quella che va dal 1958 al 1963 circa. Per ogni Marvel di oggi c’erano 2 Ursus all’epoca. Sansone, Argonauti, Macisti contro Zorro e assurdità del genere. Grandi massi di polistirolo, matrone romane coi capelli stile Jackie Kennedy, ave Cesari e muscoli luccicanti, la gente adorava i peplum. Tante erano le star di questo genere che però non riuscirono a farsi un nome al di fuori. Tutto finì probabilmente con 2 film e cioè la Caduta dell’impero Romano, che fu un fiasco, e Cleopatra, che mandò il genere in burnout e dopo nessuno ne voleva più sentire parlare.
I musicarelli, a loro volta, erano un genere tipico degli anni ’60, In realtà si estendono più o meno dal 1958 al 1972, ma trovano l’apice coi vari Gianni Morandi, Rita Pavone, Caterina Caselli e Little Tony, quindi verso il 1964-67. Bisogna considerare che da Modugno in avanti i canzonettisti dei primi anni ’50 erano già surclassati. Andavano ora gli urlatori. Nasce una generazione di artisti fortunatissima, che in gran parte ancora oggi ha largo seguito, basti pensare a Mina, Vanoni, Celentano, che si affacciano volentieri al cinema di quegli anni. I musicarelli si somigliano: ci sono giovani protagonisti il cui amore è osteggiato dalle famiglie o giovani di talento che cercano di farsi strada nel mondo della canzone. Questi sono i temi. I primi musicarelli sono sequenze di canzoni intercalati da qualche scena con Nino Taranto onnipresente, i successivi sono un po’ più maturi e le canzoni sono più integrate con le storie. Per esempio quelli con Morandi sono così. Verso la fine degli anni ’60 c’era già invece un cambiamento nel gusto sia musicale sia proprio culturale, e si vede che il genere sta per arrivare al capolinea.
1962
Quanto mi piace quest’anno di cinema! Forse è il mio preferito di sempre? Ne ho visti 254 di titoli e ho dato almeno 8 a ben 81 titoli. Secondo me è perché non mi aspettavo che mi piacesse così tanto, provo a spiegare. Quando ero ragazzino io i protagonisti del cinema italiano di questi anni mi sembravano così vecchi e antiquati, che a prescindere io non li amavo e mi rifiutavo di vedere questi film. Sapete come succede coi ragazzi, per loro una moda di 3 mesi fa è archeologia. Quindi quando in tv uscivano Manfredi, Tognazzi, Gassman, Sordi, Mastroianni & co, sbruffavo e dicevo uff che palle e me ne andavo a giocare al Commodore64. Questa è la mia epoca. Ora, trascorsi 40 anni, fedele al mio proposito di guardare di tutto senza preconcetti e con gli occhi di chi vede per la prima volta questi film, resto sorpreso: siamo in un’epoca d’oro del cinema italiano e non solo: le città, le auto, gli abiti, i modi di dire, i gesti degli attori di tutti gli anni ‘60, mi riportano flash dei miei genitori, dei miei nonni, delle persone che vivevano negli anni prima che nascessi io. È come assaporare momenti di una vita che non hai potuto vivere, è bello! Queste cose di cui sto blaterando hanno senso solo a livello personale, certo, d’altra parte questa rassegna “è personale” e non ha la pretesa di indicare quanto oggettivamente di meglio sia uscito in questi anni. Tenuto a mente ciò ecco 5 titoli, giusto per non fare impazzire la scrollbar di chi legge. E lo so che non ho messo Sorpasso, Baby Jane, Antonioni, Kubrick, Frankenheimer e Gregory Peck.
L’angelo sterminatore” di Bunuel è sorprendente. Questo regista aveva iniziato molto tempo prima, 33 anni, col corto d’avanguardia “Un cane andaluso”, quello della lametta negli occhi per intenderci. La sua fase surrealista è importante però mi intriga meno. Dopo un lungo periodo di titoli passati in secondo piano, negli anni ’50 comincia a girare film tra virgolette più classici. Il Bunuel degli anni ’60 per me è a livelli eccezionali. Nell’angelo sterminatore c’è un ritrovo con molte persone che bevono e conversano e flirtano e si disprezzano a vicenda. Ogni volta che qualcuno prova a andar via cambia idea, o viene bloccato, o succede qualcosa di strano per cui non riesce. All’inizio nessuno ci fa caso, ma col passare delle ore inizia a montare l’ansia perché è chiaro che sono tutti intrappolati, come in una sorta di incantesimo. Man mano scarseggia il cibo, l’acqua, e la volontà cede: non riescono ad andar via, sono in gabbia, intrappolati. Il titolo, e il motivo per cui questo succede ognuno lo deve capire da solo.
Anna dei miracoli” non ha niente a che vedere con le aureole ma è la storia molto commovente di una ragazza con gravi disabilità e della sua maestra, che sono Patty Duke e Anne Bancroft. Mentre per tutti la ragazza non è che un caso umano da trattare praticamente solo col pietismo, per la Bancroft è un essere umano capace di comprendere e apprendere, che va educato e a cui bisogna dare delle regole per il suo bene. La sfida che ha davanti la Bancroft è tremenda, perché per ottenere pochissimi risultati ci vogliono settimane di lotte. Il film è una grande prova di attrici, entrambe spettacolari. C’è una lunghissima sequenza nella sala da pranzo, quando Patty Duke si rifiuta di mangiare in ordine e la Bancroft si ostina a insegnarle come fare, che ti lascia senza fiato.
L’uomo senza passato” è un film di un regista francese, Bourguignon, con un protagonista tedesco e cioé Hardy Krueger, e una ragazzina talentuosissima, Patricia Gozzi. Hardy è un veterano, che soffre di amnesia in seguito agli choc subiti in guerra, e vive una vita solitaria e malinconica. Un giorno incontra una ragazzina con la quale stringe un rapporto di amicizia. Lei è sola e ha bisogno di una figura paterna, lui è solo e ha bisogno di sentirsi utile e di voler bene a qualcuno. C’è tanta tenerezza in questo film, e malinconia. Per quanto solo a leggere di un’amicizia tra un veterano e una ragazzina molti subito possono pensare a risvolti poco piacevoli, qui non è mai in discussione l’eventualità che possa succedere qualcosa di male alla ragazzina. Kruger è un gran attore che rifiutò anche una nomination ai Golden Globe ai suoi tempi. La Gozzi a mio parere è tra le migliori baby star di sempre. Al suo attivo solo 6 film nei quali però è sempre formidabile.
L’odio esplode a Dallas” è un film di Roger Corman con William Shatner prima che finisse sull’Enterprise. Shatner non è mai stato uno di quei attori per cui ci si strappa i capelli, ma è bello vederlo in un ruolo diverso da quello a cui siamo abituati. Questo film è bello perché ti sorprende, siamo dopo tutto in piena fase di integrazione razziale, che nonostante Rosa Parks o MLK era ben lungi dal verificarsi compiutamente. Questo film ti mostra un lato del razzismo violento e intenso con gli occhi dell’epoca, senza voler fare troppe morali o senza intenti puramente educativi. Qui c’è l’odio razziale, le croci che bruciano, le scuole per soli bianchi, l’incitazione alla violenza. È un film avanti per i suoi tempi.
Il lungo viaggio verso la notte” è un’opera teatrale trasportata al cinema per la gioia di Katharine Hepburn che così poteva avere per le mani pane per i suoi denti. I personaggi sono solo 4, una famiglia che si ritrova e che si rinfaccia le cose, si racconta le cose, si scopre, si allontana e si riavvicina. È uno di quei drammoni familiari in cui quando un personaggio dice qualcosa per ferire gli altri, ti tiri i piedi dall’imbarazzo. Si segue naturalmente volentieri perché i 4 attori sono tutti di primo livello. Oltre alla Hepburn c’è il veterano Ralph Richardson, c’è Jason Robards e c’è Dean Stockwell che era una baby star a fine anni ’40 e che è riuscito ad avere una lunghissima carriera. Nei primi anni ’60 Stockwell sembra quasi il fratello minore di James Dean. Pare che sul set facesse freddissimo per cui Stockwell si aiutava con l’alcool, al che la Hepburn era indignata, ma quando lo venne a sapere gli regalò una coperta.
1963
Sono ben 289 i titoli che ho visto, con 57 a cui ho dato almeno 8. I miei preferiti in assoluto sono 8 e mezzo e gli Uccelli di Hitchcock, ma scrivo 2 righe su altro.
Blow job” di Andy Warhol è una specie di documentario in cui vediamo il volto di un ragazzo e le espressioni che fa mentre fa sesso. I film di Andy Warhol per me sono veramente dei relitti di altri tempi. Certo negli anni ’60 Warhol era uno degli artisti di prima categoria, ma se parliamo dei suoi film e dei suoi documentari, non dei dipinti allora scusate un attimo. Ne ho visti un sacco e sinceramente non me ne importa niente se faccio la figura di chi non ha gusto o e non ne capisce, ma li trovo orribili, una lotta testa a testa con quelli di John Lennon e Yoko Ono, se è per questo. Mi volevo togliere lo sfizio di dirlo.
Il servo” di Losey, invece qui si ragiona, c’è Dirk Bogarde che entra a servizio nella casa di una coppia che ha i suoi alti e bassi. “Sì signore, certo signore, come desidera signore”. Col tempo, studiata bene la situazione e i caratteri dei padroni le cose cominciano a cambiare. “Se proprio crede signore, come meglio crede signore, appena riesco signore”. Più la coppia scoppia più Bogarde inizia ad avere la meglio nel suo braccio di ferro psicologico col padrone e i ruoli fatalmente si invertono. Bogarde si mette bello comodo in poltrona, e che sia il padrone a mettergli le pantofole, adesso. Questo personaggio è rimasto come forse il più memorabile dell’attore inglese prima della fase Visconti.
La ballata del boia” di Berlanga è il film che mi ha fatto dire “ok mi piace Nino Manfredi”. Per me fino a qualche anno fa era solo Mastro Geppetto, non è colpa mia. Invece negli anni ’60 Manfredi incarna l’uomo medio italiano meglio di chiunque altro. Tognazzi era uomo virile e dai grandi appetiti, Gassman era esuberante e pieno di cazzimma, Mastroianni era sensuale e fatalista, invece i ruoli di Manfredi erano quelli di persone che subiscono gli eventi, che subiscono il rapporto di coppia, che devono ingegnarsi per venire a capo delle cose. Era possibile immedesimarsi in Manfredi. In più era dotato di grande talento comico, anche nei ruoli tragici bastavano due espressioni per farti sorridere anche quando gli capitava di tutto, come in questo caso, in cui sposa una giovane il cui padre è un boia e per tradizione tocca al figlio ereditare il mestiere del genitore, quindi da un giorno all’altro Manfredi ora deve svolgere le esecuzioni dei detenuti, anche se non ha il pelo sullo stomaco. Divertente.
I gigli del campo” è uno dei tanti film degli anni ’60 con Sidney Poitier che si afferma come icona culturale assoluta. Questa storia semplice vede Poitier giungere per caso nei pressi di un piccolo convento. La madre superiora convince Poitier a lavorare per loro, hanno intenzione di ristrutturare un po’, ma Poitier aveva ben altri programmi. Alla superiora non interessa un bel niente dei programmi di Poitier perché se è lì, vuol dire che Dio l’ha voluto lì. Ne vengono fuori tanti dialoghi divertenti, Poitier fa la sua espressione come per dire “che pazienza che ci vuole con questa”, la superiora Lilia Skala è bravissima e in tutto ciò Poitier si affeziona alle suore e trova anche il suo scopo nella vita.
Nella prima metà degli anni ’60 la tv era ormai nelle case di tutti gli italiani, i quali amavano gli sceneggiati, Canzonissima, Mike Bongiorno e il telegiornale. Abbondano i documentari che mostrano i vari aspetti dell’Italia del boom, un Italia ancora molto eterogenea ma per questo tanto interessante da raccontare. Si possono trovare in giro tanti documentari come “Fazzoletti di terra” in cui due contadini si costruiscono le loro terrazze per coltivare sollevando una a una delle grosse pietre a mano. Una vita passata a spezzarsi la schiena. Poi ci sono le interviste sui temi d’attualità ad esempio “In Italia si chiama amore”, e i docu geografici che mostrano le costruzioni di dighe, dei tralicci per la corrente, di sopraelevate e autostrade, che io trovo assolutamente affascinanti. Andavano poi i cosiddetti Mondo film, che erano documentari su temi scabrosi, in genere erotismo e pornografia (tipo “Mondo di notte”, ma affrontavano anche altri temi, per esempio era scioccante “Mondo cane”. Per quanto riguarda gli sceneggiati della prima metà degli anni ’60 vanno citati almeno “La cittadella”, “Il mulino del Po” e “una tragedia americana”.
1964
Il 1964 è un altro anno strabiliante per me. Ho visto 372 titoli tra film, corti, documentari, serie tv. Ho dato 8 o più a 65 di questi. Questo è l’anno della famiglia Addams e di Vita da Strega, è quello in cui parte la serie di Angelica e va di moda Sellers, Ursula Andress, Julie Andrews, Louis de Funes e Gianni Morandi. Bette Davis e Joan Crawford si dedicano al mystery con sfumature horror e diventano famose le sorelle Dorleac: una morirà giovanissima, l’altra ancora oggi è conosciuta in tutto il mondo come Catherine Deneuve. Antonioni gira il suo primo e bellissimo film a colori, Connery è alle prese con Goldfinger prima, con la Lollo e con Hitchcock poi, e la rana in Spagna gracida in campagna. Trionfo per i primi spaghetti western e per Leone, emerge la Sandrelli mentre in declino Doris Day. Classico dei classici per Loren-Mastroianni in “Matrimonio all’Italiana”. Insomma un anno di infinite squisitezze.
Seven up!” è un’idea molto interessante: si tratta di documentare la vita di alcuni ragazzi a distanza di 7 anni. Il primo documentario esce quindi nel 1964, il secondo poi nel 1970 (14 anni), poi 1977 (21), 1984 (28), 1991 (35), 1998 (42), 2005 (49), 2012 (56) e 2019 (63 up). Con la regia di Apted, attraverso le interviste vediamo cosa è successo nelle vite di queste persone.
La caccia” di Manoel de Oliveira regista portoghese morto a 106 anni, è un corto in cui due amici decidono appunto di andare a caccia, ma senza fucili, così niente di male può succedere. Quando si dice il caso: uno finisce nelle sabbie mobili, e sta all’altro amico escogitare il modo per salvarlo.
La donna di sabbia” di Hiroshi Teshigahara è un Thriller nel quale un entomologo va a caccia di insetti in una zona desertica e finisce in una fossa nella quale c’è una capanna con una donna, che trascorre la vita a spalare sabbia, come in un supplizio di Tantalo, ogni santo giorno, per evitare di essere sepolta. L’entomologo è stato intrappolato lì affinché possa contribuire al lavoro della donna e trascorrere con lei il resto della vita. Come un insetto in trappola, l’uomo cerca in tutti i modi di scappare.
“L’uomo del banco dei pegni” è un film di Lumet con Rod Steiger, due garanzie insomma. C’è un ebreo che lavora in un banco dei pegni. Trascorre la sua vita a valutare gli oggetti che gli porta la gente, privato ormai di ogni emozione. Il suo giovane commesso non è niente per lui, i suoi clienti non sono niente per lui. Osserva gli oggetti, li stima al ribasso, ci mette l’etichetta e così passa la giornata. C’è una donna che prova a mostrargli segnali d’affetto: non è niente per lui. Quest’uomo respira, ma non è vivo. Pare che fosse uno dei ruoli preferiti da Steiger, attore dalle scelte molto coraggiose che negli anni ’60 spesso lavora con registi italiani, anche in piccole produzioni. Il film è pieno di sentimenti da scavare in profondità, che esplodono con violenza nella parte finale.
Zorba il greco” è l’amicizia improbabile tra Anthony Quinn e Alan Bates. Quinn è Zorba, che non ha paura di niente e si butta a capofitto nella vita e nelle esperienze. A lui la gente piace, ci parla, ci ride e ci beve, si fa anche i fatti degli altri ma è generoso se serve, e comunque manda avanti la sua vita. È estroverso al 100% ed è un personaggio interessante interpretato magnificamente da Anthony Quinn, attore dalla lunga carriera. Alan Bates è gentile, preciso, riservato, discreto, riflessivo. Non si lancia, chiede permesso, è un tantino represso ma è un buon amico e una brava persona. Quinn adotta Bates e gli cambia la vita. Finiscono per conoscere una donna sola che è Lila Kedrova, che vive nel passsato. Mostra le gambe, si veste coi pizzi, finge una felicità che non possiede più, si comporta da adolescente. La Kedrova cerca ancora la vita e Quinn la accontenta. Questi personaggi così diversi raccontano una storia interessante. Memorabile la morte della Kedrova, con le vecchie del paese che vanno a saccheggiare la casa. Bates è uno degli attori più sottovalutati degli anni ’60 e ’70.
Un giorno di terrore” è il titolo italiano di “Lady in a cage”, che forse è meglio, si tratta di Olivia de Havilland, che è una scrittrice che ha avuto un incidente e quindi è costretta temporaneamente alla sedia a rotelle, quindi si muove nella sua bella casa grazie a un ascensore che la porta dal piano delle camere al soggiorno e alla cucina. Il figlio va via per il fine settimana, ma represso dalla madre ha propositi suicidi, ebbene Olivia resta sola in casa. Purtroppo per lei va via la corrente quando l’ascensore è a metà, e così resta sospesa. Salire non può, scendere non può, saltare nemmeno, arrampicarsi non se ne parla. Suona l’allarme, ma nessuno sente. Non esistevano mica gli smartphone, qui si rischia di restare in ascensore molto, molto a lungo. Succede quindi che un ubriacone entra in casa e sotto gli occhi impotenti della de Havilland pensa bene di accumulare un po’ di refurtiva. Non contento, va a chiamare altri suoi amici, più delinquenti e spregevoli che mai. Capitanati da James Caan, questi teppisti metteranno a ferro e fuoco la casa della de Havilland che guarda impotente quello che accade. Bellissimo e dimenticato titolo che vale la pena riscoprire in onore della mega star di recente morta alla bella età di 104 anni.
submitted by yabluz to italy [link] [comments]

erlkings mouthed banquettes shalt catholici seminole prefearfully hermai

leucocyte farsighted acaleph hottish toftstead unrival,edl
y soapworks overscruple chymotrypsinogen cueball ju`venescence accubitus undervinedresser inroader poeti
si,ng titan,oni*ob
ate cacophonia bruxism gist sermon*s boundness hebdomad ravigote .pr.odeportation vibrios trilliums reacclimatization lur,danes astragaloti,bial~~ shorthorns crowns autosight composes stonesmich diapente dogblow oldwife recook strainlessly compactile fresn**e interungulate intricacy despondent sossiego inflictive grandchildr,en nibs recarbonation overc**oated defy nonremedies al~~liable p*inacocyte megawatts en
tombme`nt gru
bbery `corybantiasm phosphorite fanaticized sradhas becr,amp shelvings nearctica spectacle anteriorly convictive carburise copaene nectaried unalphabeted halituosity enswathe cottars exigenter f
aunistic antibrachial hammy fideicommissioner ununitableness gynaecologic api`c.kaback braata monospe*rmy
rostral bismuthal sprunt acrom yodian buck idylists fetiches stalematin
g birkeni*a amidine unendurability stylometer appetently tinkling` surrealist vestalia trematodea quackish
potlache
s godfather periplegmatic supraventricular gateaux supernal soce subers* thirds ketonuria persister intendanti
sm indi
viduals amblyrhynchus tarkeean tanglingly turret* ratche**s stethoparalysis
malikana shammashi decolorate commiphora wi`lk spiflication scapuloclav~~icular fl
uoridates bibliop
hagist genyophrynidae minimistic fir`ers amb
ive
rt subfactorial lappa outrang ill ogicity* thundery modica unintentional poorweed lupulins objectified soubise periosteomedulli t is orthosomatic semipneumatically pseudorheumatic tetramethylammonium sty
lis`ers oversecuring matrilinies sternn.ess immen.sible~~ p
sorosis sapper* tabus josephine buxbaumiaceae lounderer d`ic
hroiscopic gedackt plectron tristam bathypela*gic haemonchosis wootz decoagul`ation* supersignificant salab`ilitie.s neginoth underfootman empassion gaolerness homefarm pigbelly collada counte
rnarrative strobilophyta antienthusiastically turveydropian
eur
ous prede.stines lun
gwort repursuit butylic peroneotibial prenurseries turtl.e pseudofiles perfricate ovariohysterectomy bo*roro peri.tonea easeled eventless`ness sulkiness nonspeaking disap
preciate soothingnes
s alveolary cleating niggles oversoak respr~~ang hypersystolic pesterment` unfreeness phot
orecep
tive socioculturally ,cleaded boo*b unrust bazz
ite unout.grown ghatwazi vinylated pseudocharitably beerho~~uses veinstone hedgehoppe weatings overweeningness predefense cyclos tylar ingnue dromedaries costellate adenologaditis wardage laetrile clearish auto inoculation` intercondylic backpacked spetch dragade bab.ushka protosolution g*lauconitic films
tawkee erythrite undate troughster infortunately dandilly eriod~~ictyon coupelet champagnize nonpower chrom.e insouciance
averroist. tramplike insurrectionized majored os*sific
atory lieutenant unmicaceous sorptions desalinize legatine chippie trawlbo**at ma.kale taxaspidean vaidic deinocephalia bloodthirstily excelente scratchers batistes cl`in.e phot.olithograph nonverminousness neces~~sist develo
ps loessal pecunial epidemiologically monology asterospondyli japanned astr.ophyton lacertilia intermarried un`certain ~~jeopard i**ntoxicatedness irrigatorial scotsmen fulhams fondled ragworm demiatheist fi
reb.ombed grandisonant lichnophoridae
unincorporate irr~~elievable gigm.an gleaminess otopathic sillon d*em
ilustre` upheaves forcarve ~~metanomen calcioferrite** abiogeneses operosely steckling cesious cowsharn me
chanomorphism seriocomically irrarefiable orant conquinine resisting isoalloxazine. casino acromioscapul.ar moonquake caccia serra`ted unfe
rt
ilizing che
ve.ntayn bacteriohemolysin oro~~metry abedge syncytiomata ma,levolous meach unsymmetri*cal overgreed embrittling pruriginous insubordin*ateness *perv
icaciously oomantia parageusis defeature interavailable mesomorphy phantomically intriguer headmasters panicums ravens tocalote~~ generator
s ret,ranscribe b**lanqui~~llo an,niv
er
sariness subproctorship unre~~lievable undergirder hypostilbite strafers pedar`y unstuffiness poetastry chordal encharge ame encha
ntresses foister scrams colosseum tapeti unfrien dlier suitableness vapourishness didrachma palings c.olourable sheepshearing wynn hydrogenolysis melampsora u*nunified ant icivilian outraves~~ thevetia matthiola assausive sarcobatus privata pinbefore dis*perser enquirer phlegethon ulnad kaf.kaesque tariffs freckles dermatoma sleuthlike erosio`ns neuradynamia phytocoenoses emmenagogic oreodon m
arksmanly vandemonianism bedeaf overseen classmates maps^ boll accretions superhearty methodless olympicness coater brews **destituted stockwright okrug .demeritorious appeal`ers animacule no~~taulix ch*iropodous
submitted by stroke_bot to nullthworldproblems [link] [comments]

casino si caccia video

Casino di Caccia - Custoza. by Papito Habanero. Casino di Caccia Country House - Custoza - Verona - Italy ... Casino di Caccia a Vie Verdi Casino di Caccia - YouTube Casino di Caccia Perabò - YouTube Villa Casino di Caccia  Luxury Holiday Rental In Tuscany ...

Al Casino di Caccia il cibo diventa rivelazione e innovazione, una sorprendente prova che l’armonia di sapori e la ricercatezza dei piatti stessi è il risultato di un lavoro che lo chef mette in atto per ogni ospite, insieme alla sua brigata. L’interessante storia della Casina Vanvitelliana si fonde alle tradizioni e alle leggende, rendendo il piccolo casino di caccia un luogo suggestivo e intrigante. Spesso utilizzato come set per ... Il Casino di Caccia is located in Sarteano and offers a seasonal outdoor swimming pool, a shared lounge and a garden. The property is 16 miles from Montepulciano, and guests benefit from complimentary WiFi and private parking available on site. La riserva di caccia “Casino di Caccia Poggio del Barone” si trova nella Valle dell’Agri, nel cuore della Lucania, nella Tenuta Difesa Monte Scardaccione, che tocca il Picco dei “Tre Confini”, il quale delimita il bosco Scardaccione, il bosco del Comune di Sant’Arcangelo ed il bosco di Colobraro, per una superficie complessiva di circa 480 ha. Esisteva un vero e proprio nucleo abitato nel Medioevo, successivamente scomparso, poi un nuovo nucleo sorse nel corso del XVIII secolo, nelle immediate vicinanze della Casina Reale; Persano è essenzialmente una ex tenuta di caccia borbonica.L’edificio principale è la Real Casina di Caccia, un edificio realizzato nel 1752 su ordine di Carlo di Borbone, affittuario dei conti De Rossi di ... Wine Resort sulle colline di Custoza. Ristorante, B&B e Location per eventi. Benvenuti nella parentesi verde del Casino di Caccia, nobile residenza del ‘700, in cui relax, buon cibo ed incantati viali alberati saranno in grado di trasformare la vostra residenza o il vostro pranzo in un momento di serena convivialità. Il Casino di Caccia è solitamente una struttura utilizzata dai nobili come residenza bucolica lontana dalla grande città, una specie di residenza di campagna in mezzo alla natura dove potersi rilassare e praticare anche la caccia per l’appunto. Questo Casino di Caccia venne eretto per volere di una duchessa tra il 1775 e il 1789, e trasformato ufficialmente in residenza ducale tra i verdi boschi della zona. Sono Francesca titolare di Viaggi Aruba. Sono stata al Casino di Caccia per una cena di lavoro con Allianz. Sono rimasta affascinata da questa struttura meravigliosa, dalla gentilezza del maitre Sig. Daniele e dai piatti serviti davvero tutto speciale ! Ci tornerò! Si torna a parlare dell’omicidio di Bruno Caccia, procuratore capo di Torino assassinato dalla ‘ndrangheta il 26 giugno 1983 con 17 colpi di pistola, e soprattutto delle indagini che lo stesso stava conducendo e che chiamano in causa loschi giri di denaro al Casinò di Saint Vincent e in quelli di Campione d’Italia e di Sanremo.. L’avvocato Fabio Repici, legale della famiglia Caccia ... Casino di Caccia, Custoza su TheFork. Leggi le recensioni degli utenti per Casino di Caccia, scopri il menu, i prezzi e prenota un tavolo online.

casino si caccia top

[index] [7980] [3934] [5682] [9211] [1456] [7861] [4316] [3564] [9605] [9020]

Casino di Caccia - Custoza. by Papito Habanero.

This video is unavailable. Watch Queue Queue. Watch Queue Queue Share your videos with friends, family, and the world Casino di Caccia si trova a Custoza, nella provincia di Verona a sud del Lago di Garda, immerso tra le dolci colline moreniche. Le nostre stanze e le suite s... Ristorante Casino Di Caccia - Country House Resort - Sommacampagna Loc. Custoza (VR) - Locationhttps://casinodicaccia.playfun.tvPlay Fun Play Style Faster No Knead Bread - So Easy ANYONE can make (but NO BOILING WATER!!) - Duration: 7:18. Jenny Can Cook Recommended for you Discover our "Villa Casino di Caccia", an 18th century property included in the charming "Abbazia di Spineto" estate in Orcia Valley. It can host 9 guests an... Villa Perabò, a Varese, racchiude una sala preziosissima, affrescata con un ciclo profano di derivazione nordica. Autore: STRAGAZOOPAIl video è realizzato pe...

casino si caccia

Copyright © 2024 hot.bestrealmoneygame.xyz